Distinguere tra plastica tradizionale e plastica biodegradabile

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La corretta gestione ambientale degli imballaggi in plastica, costituisce un eccellente tentativo di fare un passo avanti  verso il rafforzamento di una economia circolare, nella quale i rifiuti sono delle risorse.

In percentuale non sono molti i cittadini davvero capaci di distinguere con cura due materiali solo apparentemente simili: quelli degli imballaggi in plastica tradizionale e quelli in bioplastica – che devono percorrere strade totalmente diverse per lo smaltimento.

Gli imballaggi in plastica includono varie tipologie di materiali costituiti da differenti polimeri, quasi tutti riciclabili – ovvero capaci di tornare a essere una materia prima “seconda” per la realizzare oggetti di uso quotidiano oppure, per le plastiche non ancora riciclabili, per la produzione di combustibili alternativi presso impianti specializzati. Le plastiche “tradizionali” sono contrassegnate da sigle come PET (polietilene tereftalato), PE-HD (polietilene ad alta densità), PVC (cloruro di polivinile), PE-LD (polietilene a bassa densità), PP (polipropilene), PS (polistirene). Questo tipo di materiale deve essere conferito nelle campane o nei cassonetti “per la plastica”.

Gli imballaggi in bioplastica sono quelli fabbricati con materiali derivanti sia da fonti rinnovabili sia di origine fossile. Sono materiali biodegradabili e compostabili e come tali devono essere smaltiti nella frazione organica dei rifiuti domestici (anche nota come “umido”), dalla quale torneranno in natura sotto forma di prezioso compost di ottima qualità per fertilizzare il terreno. Sono riconoscibili mediante i loghi raffigurati qui sotto.


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