Riqualificazione del costruito per rilanciare l’economia italiana

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Sono in molti a ritenere che la politica per il recupero a fini abitativi di aree dismesse o di edifici abbandonati potrebbe servire a vari utilissimi fini. Da un lato risponderebbe al disagio abitativo e al bisogno di fasce sociali oggi totalmente escluse dal mercato della casa (sia sotto forma di proprietà che come affittuari). Dall’altro rimettere in moto gli ingranaggi del comparto dell’edilizia, in grave contrazione da parecchi anni a questa parte.

Il paragone che si adduce da più parti è quello con il Piano INA, il progetto di edilizia pubblica che negli anni ’50 contribuì a fare decollare il Paese dopo gli anni durissimi della guerra e della miseria, creando posti di lavoro e nuovo benessere. La differenza nei progetti del XXI secolo dovrebbe però oggi stare nell’evitare di consumare nuovo suolo: occorre dare la preminenza alla riqualificazione dell’esistente e non più al consumo di territorio. Questo significa ridare vita a edifici diroccati, centri storici cadenti o dimenticati, fabbricati industriali dismessi – strutture urbane che potrebbero nascondere potenzialità inaspettate dietro un prezzo assolutamente irrisorio.

Certo, è necessario aggiungere al budget una quota piuttosto alta per la ristrutturazione e la riqualificazione energetica sotto forma di isolamento dell’edificio, infissi adeguati, installazione di pannelli fotovoltaici che permettano di raccogliere energia dal sole e di riversarla in rete, riciclo dell’acqua piovana per gli scarichi dei sanitari e via dicendo (ne abbiamo parlato più diffusamente qui). In edifici riqualificati, però la bolletta energetica per gli anni a venire, potrà però dimezzarsi rispetto a quella di una casa tradizionale (a parità di superficie).

Quanto costa costruire “bene”? Secondo gli esperti, ristrutturare una casa della classe energetica più virtuosa, ovvero la A+, costa dal 5 al 10% in più rispetto allo standard. Per una casa di medie dimensioni la spesa potrebbe salire di 5000-10.000 euro. Come dicevamo, però, il risparmio sulla bolletta energetica consentirà di rifarsi dell’investimento iniziale nel giro di cinque anni. E in seguito il risparmio sul riscaldamento (o sul raffrescamento) dell’abitazione si aggirerà in media sui 1500 euro l’anno, con punte di 2000 euro. Va da sé che, per favorire questo processo virtuoso è assolutamente necessaria la conferma di agevolazioni fiscali come il credito d’imposta o soluzioni analoghe.

6 commenti su “Riqualificazione del costruito per rilanciare l’economia italiana”
  1. rossella ha detto:

    Bioshop commercializza stoviglie piatti, bicchieri, posate biodegradabili e compostabili

  2. Asia ha detto:

    Sono d’accordissimo con le prime righe di questo articolo.
    Già le valorizzazioni territoriali di per sè di edifici dismessi è un buon segno.
    So, ad esempio, che vicino Pisa vogliono avviare un’operazione di questo tipo, ristrutturando 40 casolari che, in parte venderanno e in parte destineranno per scopi turistici.
    Se sapete qualcosa in più… Grazie!

    Asia

  3. Carlo ha detto:

    Si l’ho letto anche io. E’un ottima iniziativa a livello di valorizzazione del territorio!

  4. Barbara ha detto:

    Credo stiate parlando dei Fondi Rustici di Peccioli, in provincia di Pisa, io sono toscana e ne ho sentito parlare varie volte…è un’iniziativa apprezzata non solo per la riqualificazione dei casolari ma anche per il fatto che puntano a migliorare la situazione lavorativa della gente del posto, dato che tutto il progetto darà lavoro a un bel pò di gente…

  5. Giovanni ha detto:

    Leggendo i vostri commenti mi sono incuriosito e sono andato a cercare qualche informazione: se possono essere utili anche a qualcun altro, io ho trovato il sito sui fondi rustici http://www.fondirustici.peccioli.net e anche quello della Belvedere, da cui tutto è partito http://www.belvedere.peccioli.net (non lo sapevo!!)

  6. Cristina ha detto:

    Sono capitata qui per puro caso ( facevo delle ricerche poiché sto ristrutturando casa ) e forse ho scoperto un mondo a me nuovo. Ho letto l’articolo ( interessante ) ma sono stata rapita dai contributi che parlano di questa azienda toscana.

    Il futuro è vivere ad impatto zero e questa azienda fa la sua parte.

    Leggevo con attenzione le modalità di attuazione del tutto e mi piace immaginare la Belvedere S.p.A , dalla quale e verso la quale un continuo flusso di informazioni si scambia tra Azienda-Comune-Cittadini.

    Sarò una nostalgica dei miei anni universitari ma credo di aver trovato, per la prima volta, un modello aziendale che ricalca perfettamente quello che in scienza politica viene definito Gray Box.

    Buona Vita , allora, alle aziende che riescono a creare questi piccoli capolavori di sostenibilità.


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