Nel solare termodinamico ora si usa la sabbia per raccogliere calore

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Solare-termodinamicoChe cos’è il metodo solare termodinamico? Nella sua forma classica è una tecnologia per la produzione di energie che sfrutta l’energia del sole per riscaldare un fluido e produrre vapore, il quale poi passa in turbine volte a produrre energia elettrica. Rispetto al fotovoltaico, nel solare dinamico l’elettricità è prodotta in maniera indiretta, con un rendimento superiore e senza utilizzo di silicio.

Una nuova frontiera dell’energia pulita nel settore del solare termodinamico è costituito dall’impiego di letti fluidizzati di sabbia come collettori per il calore. Questi impianti sono muniti di vasche contenenti sabbia e aria e sospese nell’aria. La rena accumula calore, con il vantaggio di trattenerlo con pochissima dispersione anche fino a 10 ore di tempo. Nel frattempo, però il calore viene opportunamente rilasciato e trasformato in energia mediante turbine azionate dal vapore acqueo riscaldato. Poiché la sabbia è del tutto ecocompatibile e riciclabile per infinite volte, si capisce perché questo sistema di produzione dell’energia è veramente molto green. Gli impianti poi sono potenzialmente posizionabili ovunque e possono essere usati anche per applicazioni normalmente considerate estremamente energivore, come la desalinizzazione dell’acqua di mare o la refrigerazione. Un sistema come questo, al momento ancora a livello di prototipo, potrebbe essere di importanza cruciale per produrre energia nei paesi che si affacciano sul Mediterraneo, baciati dal sole per la maggior parte dei giorni dell’anno.

1 commento su “Nel solare termodinamico ora si usa la sabbia per raccogliere calore”
  1. Ass. Intercomunale Lucania ha detto:

    Che tipo di solare termodinamico si vorrebbe realizzare nella Regione Basilicata?

    Il solare termodinamico, molto spesso affiancato con centrali termoelettriche a gas metano come previsto nella Regione Basilicata, rappresenterebbe in Italia, con molta probabilità di non sbagliare, una pura speculazione. Non risolve il problema energetico, ma devasta interi territori. L’Italia non è l’Arabia Saudita, non presenta aree desertiche quali uniche possibili aree che consentono una razionale collocazione di tali impianti nel rispetto dell’Ambiente, del Paesaggio, del Suolo con un idoneo valore di irraggiamento solare diretto (DNI). Per la Basilicata è previsto un impianto della potenza elettrica di 50 MW con l’occupazione di oltre 226 ettari (2.260.000 metri quadri) di terreni fertili ed irrigui. L’ara di impronta dell’impianto occuperebbe ben 15 pozzi artesiani dei 19 previsti nell’area circostante.

    Pensare all’Italia per acquisire competenze sul “solare termodinamico” ed esportarle nei paesi arabici, come sostiene l’ANEST, non rappresenterebbe un modo sensato di affrontare il problema energetico. Sembra invece un modo attento e preciso per fare affari a discapito di interi territori con tecnologie devastanti per un’area agricola. Impianti chiamati “solari termodinamici” pur non essendo “termodinamici puri” poiché ricorrono anche alla combustione di ingenti quantità di gas metano (con emissioni in atmosfera di inquinanti) per assicurarne un funzionamento in continuità e sicurezza.
    L’aggravante, nella Regione Basilicata, è rappresentato dall’uso di decine di migliaia di metri cubi di olio diatermico ad altissimo impatto ambientale con potenziali rischi in caso di sversamenti al Suolo e non solo. L’ impianto, nella regione Basilicata, è soggetto alle Direttive Seveso per essere classificata con attività a rischio in incidente rilevante, ma ovviamente c’è chi sostiene che l’attività industriale è sicura. Peccato però che non si conoscono attività industriali immune da possibili guasti ed avarie nel processo industriale con conseguenze tutt’altro che rassicuranti.

    Un impianto solare a tecnologia fotovoltaica trasforma energia solare in energia elettrica in modo pulito, mentre un impianto solare a tecnologia termodinamica che ricorre all’uso degli olii diatermici e alla combustione ausiliaria di gas metano, trasforma energia solare in energia termica e quindi in energia elettrica in modo tutt’altro che interamente pulito. Presenta infatti emissioni in atmosfera di benzene, fenolo, ossidi di azoto …. E’ pulito tutto ciò? Non mi pare.

    Gli impianti interamente rinnovabili sono un’altra cosa e il modo per affrontare il problema energetico (risparmio di energia, efficienza energetica, impianti alimentati da fonte rinnovabile prevalentemente concepiti per l’autoconsumo) viaggia su un binario differente da quello delineato dagli impianti “solari termodinamici” che farebbero meglio a definirli, quando ibridi come per la regione Basilicata, con la dizione di centrali termoelettriche ibride alimentate da fonte rinnovabile solare e da fonte fossile (quindi non rinnovabile) qual è il GAS metano.


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