Qualche chiarimento sul processo di produzione delle bioplastiche

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Ora che i sacchetti in Mater-Bi fanno parte della nostra vita, avendo quasi totalmente sostituito le 260.000 tonnellate di plastica che eravamo soliti usare nel giro di un anno nel nostro Paese, può essere interessante capire meglio come vengono prodotti i bioshopper, ovvero i sacchetti di plastica biodegradabili.

La bioplastica che compone questi manufatti è un materiale simile alla plastica, ma biodegradabile al 100%. I biopolimeri si producono con tecnologie d’avanguardia a partire da materie prima di natura agricola (principalmente amido di mais ma anche di girasole, patate e frumento) e anche da materiali di origine petrolchimica (la cui percentuale può andare dal 20 al 50% a seconda del tipo di plastica), ma occorre chiarire che anche nel secondo caso si tratta di componenti biodegradabili e compostabili.

Dalle materie prime si ricavano delle lenticelle di bioplastica che, introdotte in un estrusore, vengono trasformate in un “film in bolla”, ovvero una pellicola molto sottile molto simile al chewing gum. Il ciclo industriale prevede poi l’eventuale stampatura del film con tutte le informazioni, i simboli e i loghi necessari per il suo uso, il taglio e l’opportuna saldatura per trasformare il foglio di pellicola in un sacchetto o una busta per la spesa.

Con le bioplastiche si possono produrre anche piatti, posate e bicchieri riutilizzabili fino a tre volte, cannucce, pellicole per alimenti, imballaggi e telo per la pacciamatura agricola.

Per tornare ai sacchetti di Mater-Bi, una volta esaurito il loro ciclo d’uso “pulito”, essi possono diventare contenitori ideali per i rifiuti organici, la cosiddetta frazione umida della raccolta differenziata, insieme alla quale si decompongono nel giro di poche settimane grazie all’azione delle muffe. Il compost, ovvero materiale fertilizzante che se ne ricava, si può utilizzare per il terreno con il quale si produce nuovamente la materia prima agricola. Così il circolo virtuoso si chiude. Questi materiali biodegradabili permettono oggi alla comunità di gestire in maniera corretta la parte organica dei rifiuti che altrimenti finirebbe in discarica producendo gas serra molto pericolosi.

Ribadiamo che questi sacchetti non devono mai essere conferiti nella raccolta differenziata per la plastica, bensì in quella per l’umido.

Per il momento, paradossalmente, ciò che è progettato nel rispetto dell’ambiente spesso costa di più, ma probabilmente con lo sviluppo tecnologico il loro costo si ridurrà nel tempo. Il settore delle bioplastiche offre inoltre ottime prospettive per l’economia del nostro paese in termini di ricerca, sviluppo e occupazione.


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