Con il vuoto a rendere non è rigenerazione, ma riutilizzo del vetro

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Chiunque abbia a cuore l’ambiente non può che sperare nel successo della sperimentazione di un anno sul “vuoto a rendere”. Si tratta infatti di uno straordinario incentivo al riciclo e al riutilizzo che consiste nella riconsegna (volontaria) delle bottiglie di vetro vuote presso bar o altri punti vendita (ristoranti, hotel ecc.) in cambio della restituzione di una piccola cauzione.

L’iniziativa mette in atto una misura della legge di stabilità del 2014 mirata alla prevenzione degli sprechi insiti nell’uso del “vuoto a perdere”, ovvero degli imballaggi monouso. Si sa che il vetro è riciclabile infinite volte al 100% ma una cosa è il processo di trattamento del vetro vecchio (cernita, frantumazione, fusione, stampaggio/soffiatura), tutta un’altra è che ogni azienda possa riutilizzare le vecchie bottiglie, previo lavaggio e disinfezione per nuove bevande da mettere sul mercato.

Le norme si cui si basa la sperimentazione di un anno partita un paio di giorni fa riguardano i contenitori in vetro di volume compreso tra gli 0,20 e gli 1,5 litri (sono soprattutto le bottiglie di birra e di acqua minerale). Gli esercizi che aderiscono all’iniziativa espongono all’ingresso un simbolo grafico e al momento dell’acquisto all’ingrosso delle bevande in bottiglia versano una microcauzione (proporzionale al volume dell’imballaggio, compresa tra 5 e 30 centesimi di euro), che viene restituita dal grossista al momento della resa dei vuoti da parte del rivenditore.

Un altro aspetto positivo del decreto è la presenza di un sistema di monitoraggio per la valutazione della fattibilità tecnica e ambientale del sistema del vuoto a rendere, che sarà di fondamentale importanza per l’eventuale conferma dell’iniziativa e per la sua estensione ad altre tipologie di prodotto e di consumo alla fine del periodo di sperimentazione.


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