PFU (pneumatici fuori uso): come possono essere riutilizzati?

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Ogni anno nel nostro paese giungono a fine vita circa 350.000 tonnellate di pneumatici per auto, autocarri, moto, mezzi industriali e agricoli. Un tipo di rifiuto che ha un pesantissimo impatto ambientale. La normativa europea vieta dal 2003 lo smaltimento in discarica per le gomme intere e dal 2006 anche di quelle triturate. Per fortuna esistono alternative virtuose per lo smaltimento degli pneumatici fuori uso (PFU). Eccole in sintesi:

Dopo essere stati staccati dagli autoveicoli, i PFU vengono raccolti e portati presso centri di smistamento, triturati di varie dimensioni e tipologia, a seconda delle destinazioni d’uso previste: cippato di gomma (dimensioni 20-50 mm), granulato di gomma (0,8-20 mm), polverino di gomma (< 0,8 mm). Le applicazioni dei materiali derivanti dai processi di lavorazione dei PFU, spaziano in campi diversi: * per attività sportive (campi da calcio, piste da atletica, campi da pallacanestro e pallavolo, pavimentazioni per sport equestri); asfalti stradali con bitume modificato per la realizzazione di strade che durano di più, resistenti alle intemperie, meno rumorose, più drenanti in caso di pioggia; cordoli, spartitraffico, rallentatori e delimitatori di corsie nelle nostre città cui si aggiungono rivestimenti di protezione per fioriere, rotatorie e aiuole spartitraffico; materiali isolanti impiegati in edilizia per l’isolamento termico ed acustico di pareti, solai e pavimenti; * utilizzo come combustibili per i cementifici (concesso solo in percentuale minima nel nostro Paese, ma molto utilizzato in nazioni come il Marocco che infatti importano pneumatici usati dall'Italia). In questo tipo di impianti si superano i 1000 °C (ben più di un normale inceneritore) e le gomme bruciano fino a ridursi nei componenti essenziali (come il ferro), che vengono assorbiti dal cemento. L'alta concentrazione di ossigeno impedisce la produzione di emissioni nocive. Per quanto riguarda gli pneumatici rigenerati, essi non derivano dagli PFU, ma sono copertoni il cui battistrada usurato è stato asportato e sostituito con materiale nuovo.

Della raccolta dei copertoni usurati si occupano vari consorzi, il più importante dei quali si chiama Ecopneus, è una società senza scopo di lucro nata per il rintracciamento, la raccolta, il trattamento e
il recupero finale dei Pneumatici Fuori Uso (PFU) in Italia. Tra i soci fondatori, aziende come Bridgestone, Continental, Goodyear Dunlop, Marangoni, Michelin e Pirelli e da solo copre più dell’80% del mercato nazionale. Una grossa fetta è però ancora smaltita in modo abusivo o dispersa illegalmente – infatti l’Europa ha appena inflitto al nostro paese una multa di 56 milioni di euro legata alla presenza sul territorio nazionale di discariche illegali e incontrollate di rifiuti, anche se non soltanto di PFU.

La fase del trattamento dei pneumatici usurati ha un lieve impatto ambientale, che però non è neppure la decima parte dei danni all’ambiente che essi procurano durante la fase di utilizzo: per questo l’UE sta insistendo su normative che inducano i produttori e sfornare pneumatici sempre più resistenti all’usura, che producono meno attrito sul terreno (ovvero si lavora sul fenomeno della resistenza al rotolamento in modo da consumare meno carburante) e che riducano la rumorosità e lo spazio di frenata. Per questo esiste l’etichetta degli pneumatici.


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