Sempre più preoccupante la diminuzione dell’avifauna

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Con il cemento che avanza e delle campagne poco ospitali perché invase dai pesticidi, gli uccelli simbolo della primavera si vedono sempre più di rado: rondini, passeri, allodole e tante altre specie di campagna stanno gradualmente scomparendo dai nostri cieli. Nel mondo degli uomini la vita è dura. Perfino specie prima molto diffuse come l’allodola, il cardellino e il passero domestico sono in serie difficoltà. L’ultimo rapporto della LIPU descrive un calo dell’11% in dieci anni per ventisei specie legate all’ambiente agricolo.

Cresce invece la presenza di cornacchie e storni, uccelli che sono stati capaci di adattarsi alla vicinanza dell’uomo. I migliori sono stati i colombi, la cui presenza è cresciuta del 15% negli ultimi cinque anni.

Le difficoltà per tutti gli altri derivano da varie direzioni: sia in città che in campagna i nidi vengono spesso rimossi, perché considerati anti-igienici. Per i migratori notturni, i fili dell’elettricità – invisibili al buio – diventano un ostacolo mortale. Anche i palazzi alti e specchiati contribuiscono a confondere gli uccelli, il cui orientamento è regolato dalle stelle. A mettere in seria difficoltà il percorso naturale dei volatili è anche il clima impazzito. I mutamenti climatici spostano le date delle migrazioni e così l’arrivo degli uccelli non coincide più con il periodo riproduttivo degli insetti, nutrimento principe, soprattutto per i piccoli. Se la primavera è “stretta”, dunque, gli stormi non solo non trovano il caldo – ragione principale della migrazione – ma rimangono senza cibo, proprio nel momento in cui sono più stremati dal lungo viaggio dall’Africa.

 

 

 

 

 

 


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