Successione ecologica: l’ecosistema e la sua evoluzione

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Gli ecosistemi mutano nel tempo? La risposta è sì e non c’è da stupirsi! Ogni ecosistema è un’entità dinamica; ha la capacità di autoregolarsi mantenendo al proprio interno una condizione di equilibrio. Da un certo punto di vista, si può dire che l’ecosistema nasce, cresce e matura.

Questo percorso, noto come successione ecologica, è il processo attraverso il quale una comunità si trasforma più o meno lentamente modificando le proprie condizioni di crescita e la propria composizione in specie. In poche parole, l’ecosistema evolve tramite l’avvicendamento di differenti comunità (in relazione alle modificazioni dell’ambiente fisico-chimico), per poi raggiungere uno stadio finale di maturità.

Fasi e stadi di una successione

Entrando più nello specifico, la sequenza di comunità in una successione è denominata serie e ciascuna fase distinta nella dinamica della comunità è definita stadio. Ognuno di questi stadi, la cui durata è variabile, rappresenta una configurazione nella quale i vincoli omeostatici del sistema sono più efficienti.

Le successioni tendono verso una fase finale ad elevata stabilità o climax, che corrisponde a una utilizzazione ottimale delle risorse disponibili: la crescita del sistema viene progressivamente a cessare, e la nuova materia organica, via via prodotta per fotosintesi, è trasferita al terreno o ai consumatori. Questa condizione stazionaria si prolunga fino a quando non interviene una perturbazione a modificare le condizioni esterne, oppure interne (es. comparsa di nuove specie da taxa preesistenti).

Determinare sul campo una comunità di climax stabile risulta, tuttavia, molto difficile; in genere si riesce solo a osservare che la velocità di variazione della successione diminuisce fino a quando qualsiasi cambiamento diventa impercettibile all’occhio umano. A tal proposito, bisogna specificare che esistono anche comunità disclimax riferite a paesaggi che non raggiungono mai una situazione di climax stabile perché sottoposti a periodiche distruzioni (es. la macchia mediterranea sottoposta a incendi periodici).

Tipologie di successione

Secondo l’ambiente di partenza, si possono distinguere successioni primarie e secondarie.

Nel primo caso l’insediamento e lo sviluppo della comunità si realizzano in habitat neoformati mai colonizzati in precedenza. La successione inizia con organismi pionieri (batteri, licheni) in grado di sopravvivere e riprodursi in ambienti poco ospitali e con scarse disponibilità alimentari. Questi, favorendo la formazione di humus, preparano l’insediamento della comunità seguente composta da organismi più complessi e con esigenze ecologiche maggiori. Le interazioni di questi ultimi con l’ambiente producono ulteriori variazioni che consentono la presenza di altri organismi, e così via fino al raggiungimento della comunità climax. Affinché tutto questo avvenga sono necessari millenni.

Per comprendere meglio ecco un esempio di successione primaria: supponiamo che una colata lavica distrugga rapidamente un ecosistema. Sulle rocce laviche si stabiliranno per primi i licheni, che disgregano lentamente lo strato superficiale della lava formando così un sottile strato di terreno sul quale si insedieranno vegetali più complessi come erbe e arbusti. In seguito, si svilupperà una foresta consentita dal tipo di clima.

Nella successione secondaria la comunità si sviluppa in habitat già colonizzati, ma in cui la vegetazione è scomparsa in seguito a gravi perturbazioni (uragani, incendi, ecc.). Fin dagli stadi iniziali si possono insediare comunità più complesse: in genere, infatti, l’evento che ha causato la distruzione dell’ambiente precedente non ha comunque impedito la conservazione di alcuni elementi. La ricolonizzazione di un campo abbandonato in cui siano rimasti semi e spore e di foreste disboscate sono esempi di successioni secondarie. L’intero processo inizia su suoli già formati per cui occorrono tempi dell’ordine di decenni o alcuni secoli.

In conclusione, non bisogna dimenticare l’importanza della scala spaziale alla quale si osservano le successioni ecologiche: un bosco, se considerato su un’ampia scala spaziale (es. ettaro) può aver raggiunto uno stadio di climax, ma se esaminato su microscala risulta come un mosaico di più successioni.

 

Fonti:

  • Luciano Bullini, Sandro Pignatti, Amalia Virzo De Santo, Ecologia generale, Utet, 2004.
  • Eugene P. Odum, Gary W. Barrett, Fondamenti di ecologia, Piccin-Nuova Libraria, 2006.
  • http://www.anisn.it/miur/todaro/percorso/risorse/sistemi/filehtml/climax2.htm
  • http://biosproject-earth.blogspot.com/2011/05/successioni-ecologiche.html
  • http://www.ecologicacup.unile.it/index.php/2016-06-14-11-00-23/elenco-tematiche/107-ecosistema-e-sua-evoluzione?showall=1
  • http://www.sapere.it/sapere/strumenti/studiafacile/biologia/Organismi-e-ambiente/Fondamenti-di-ecologia/La-successione-ecologica.html

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