I metodi tradizionali per l’apicoltura sono i più ecologici

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apicolturaTutti noi sappiamo che le api sono il più importante termometro della sostenibilità ambientale e che la loro moria è da scongiurare in ogni modo perché potrebbe avere conseguenze irreversibili per l’intera umanità. La paura delle api, però bisogna confessarlo, è atavica. C’è chi scappa subito alla sua vista, senza indugiare; i coraggiosi resistono qualche secondo, ma poi, quando notano che il minaccioso ronzio non cambia orbita, abbandonano il campo con uno scatto brusco. Oppure cercano di allontanare l’ape fendendo l’aria con la mano – atteggiamento che secondo la tradizione popolare dà enormemente fastidio a questi insetti, che quindi si accaniscono. Esistono però delle eccezioni a questa regola: i coraggiosi di razza, coloro che trattano l’ape come una comune mosca e, calmi, con rispettosa prudenza, si aggirano nei pressi degli alveari senza scomporsi. Se per caso qualche ape riesce a punzecchiarli, non ne fanno un dramma: si limitano a togliersi i pungiglioni – perché tanto all’acido formico sono già “vaccinati”. Questi sono gli apicoltori, gli amici delle api che ai comuni mortali paiono coraggiosi quanto i domatori di leoni e tigri.

I metodi tradizionali per allevare le api e produrre il miele sono considerati da molti apicoltori decisamente superati, poiché oggi esistono macchinari per compiere gli stessi lavori con meno fatica e più rapidamente. Tuttavia, certi metodi antiquati hanno i loro vantaggi, primo fra tutti la genuinità del prodotto – in primis il miracolo nutritivo chiamato miele.

L’operazione più classica nell’apicoltura è l’affumicamento (o affumicatura), ovvero la messa in fuga temporanea dello sciame dall’arnia mediante l’ausilio di un affumicatore – uno strumento che produce grande quantità di fumo bruciando materiali non tossici come paglia, iuta, aghi di pino o cartone grezzo. Quando il copioso fumo entra all’interno dell’alveare, gli insetti fanno una veloce provvista di miele nel loro addome e poi lasciano l’alveare emettendo un caratteristico ronzio. A questo punto, il favo può essere tirato fuori dall’arnia e liberato dalle api rimaste con una spazzola bagnata. Un’operazione da eseguire sempre in due, per fare più in fretta e non incorrere in incidenti poco gradevoli. Anche se infatti l’apicoltore ha il volto protetto da una maschera e le mani coperte da guanti e anche se le api con l’addome pieno di miele non riescono a pungere come farebbero normalmente, non sono comunque entusiaste di perdere il frutto del loro paziente e duro lavoro!

I favi, in un contenitore, vengono portati lontano dall’apiario: con una spatolina si scosta la cera degli opercoli per liberare il miele dalle cellette esagonali che compongono il favo. Poi si inseriscono i favi nello smielatore che agisce mediante la forza centrifuga. Dopo alcuni minuti di centrifugazione (eseguita in due sensi, in modo da liberare il miele nelle due facce del favo), ecco scendere il miele – che però non è ancora puro dalla cera: essa sarà eliminata successivamente grazie a un’operazione di filtraggio.

1 commento su “I metodi tradizionali per l’apicoltura sono i più ecologici”
  1. Massimo Andreuccioli ha detto:

    Come per le api, anche per le mucche da latte, per i polli e le galline, ogni forma di allevamento più ecologica, e economicamente vantaggiosa, è quella tradizionale, cioè legata alla natura.


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